Si è concluso in Cassazione il processo per fatture false a carico dei genitori dell’ex premier Matteo Renzi. Gli “ermellini” hanno confermato il proscioglimento di Tiziano Renzi e di sua moglie Laura Bovoli dall’accusa di aver emesso due fatture per prestazioni inesistenti. Il verdetto della Suprema Corte conferma infatti la decisione con la quale la Corte di Appello di Firenze, il 18 ottobre scorso, aveva stabilito che i due coniugi andavano assolti con la formula “perché il fatto non costituisce reato”.
In primo grado i genitori dell’ex premier erano stati condannati il 7 ottobre 2019 a un anno e nove mesi di carcere ciascuno, per emissione di fatture false, con sospensione condizionale della pena. Contro il proscioglimento pronunciato dai magistrati di secondo grado, il Pg fiorentino ha fatto ricorso in Cassazione che, – a fronte delle motivazioni depositate solo lo scorso marzo dalla Corte di appello – ha fissato l’udienza svoltasi ieri, dato che c’era il rischio prescrizione per uno dei reati contestati all’imprenditore pugliese Luigi Dagostino, attivo nel settore degli outlet. Anche lui, dopo la condanna a due anni di reclusione in primo grado, era stato assolto in appello per le false fatture e condannato a nove mesi di reclusione per il solo reato di truffa aggravata. Gli si contestava solamente di aver sollecitato alla nuova dirigenza della Tramor, la società da lui amministrata prima del passaggio nella holding del lusso Kering, il pagamento della fattura da 140mila euro. Per quanto lo riguarda, ci sarà poi un appello bis in quanto gli ermellini hanno accolto il ricorso del Pg in relazione a un capo d’accusa dal quale era stato prosciolto.
In particolare, il processo appena arrivato al termine riguarda il pagamento di fatture emesse da società dei Renzi nel 2015 – una da 20.000 euro dalla società Party, un’altra da 140.000 euro più Iva dalla Eventi 6 – per consulenze ad aziende riferibili a D’Agostino. Le consulenze riguardavano uno studio di fattibilità per un’attività di ristorazione e per potenziare il flusso di turisti, in particolare orientali, verso l’outlet The Mall nel Valdarno.
Secondo l’accusa, si sarebbe consumato un reato tipico di impresa, con l’emissione di fatture false per giustificare il passaggio di denaro per prestazioni mai svolte, e la Guardia di Finanza durante le perquisizioni non avrebbe trovato né lettere di incarico né elaborati.
“Anche se risulta dimostrato che le fatture emesse dalla Party ed Eventi 6 non corrispondono a prestazioni commerciali realmente effettuate”, il fatto non costituisce reato e i genitori dell’ex premier non hanno agito per evadere le imposte, hanno scritto i giudici d’appello nel verdetto di proscioglimento. “La finalità perseguita – aggiungeva inoltre il verdetto – era esclusivamente per motivi extrafiscali, attinente a versamenti che l’imprenditore Luigi D’Agostino ha ritenuto di fare per ragioni che il processo non ha chiarito”. Tra circa un mese saranno rese note le motivazioni della sentenza.
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