Isabella Linsalata, 62 anni, di professione ginecologa, sospettava fin da inizio del 2019 che il marito medico, il 64enne Giampaolo Amato arrestato per l’omicidio premeditato della donna, le somministrasse sostanze tossiche, anche se escludeva che l’uomo volesse in quel modo ucciderla. Lo ha riferito il gip Claudio Paris, che ha disposto la custodia cautelare in carcere per Amato. Il medico avrebbe preparato tisane “corrette” con le benzodiazepine per sedare la moglie, la quale sapeva che quelle bevande “amarissime” avevano lo scopo di avvelenarla. La denuncia alle forze dell’ordine, però, non arrivò mai per “il bene dei figli”.
Altri elementi emersi, a partire dalle dichiarazioni della sorella e delle due amiche, con le quali la vittima non solo si confidava, ma cercava anche di “fugare i suoi dubbi al riguardo”. Ed è soprattutto “grazie alla lungimiranza, al senso di protezione (prima) e all’ostinata ricerca della verità (poi) serbati in particolare da queste tre donne, che non l’hanno mai abbandonata, che si dispone oggi di accertamenti di tipo tecnico formatisi ben prima del suo decesso”, sottolinea il giudice, parlando di “prove a futura memoria”, raccolte da Isabella e dalle tre donne, come nel caso della bottiglia di vino conservata dalla sorella, che ora si è giunti alla verità.
L’uomo, infatti, sarebbe anche accusato della morte della suocera, Giulia Tateo, avvenuta soltanto 22 giorni prima rispetto a quello della figlia. Le analisi sui cadaveri delle due donne hanno evidenziato tracce del farmaco Midazolam, somministrato dall’uomo.
Sempre secondo il giudice, il movente sarebbe da ricercare in una relazione extraconiugale che l’uomo intratteneva dal 2018.