Secondo un recente studio pubblicato su JAMA Network Open, condotto da ricercatori della University of Florida, Gainesville, guidato da Hamed Kianmehr, che ha arruolato 421 persone con diabete 2 dall’età media di 65,6 anni, le persone che all’inizio dello studio avevano i livelli più alti di emoglobina glicata (indice di compenso glicemico) e che sono riusciti a rientrare nei valori normali (5,9%) hanno ottenuto 3,8 anni in più.
Stessa cosa è avvenuta sulla riduzione di peso: chi, era partito da un indice di massa corporea di 41, obesità grave, era riuscito ad arrivare a 24 guadagnando 3,9 anni di vita in più.
E ancora, chi aveva i valori più alti della pressione, aveva anche livelli inferiori (114 mmHg) 1,9 anni di vita in più. I risultati sono poi sfumati per la riduzione del colesterolo: rispetto a coloro che avevano i valori più alti, quelli con livelli medi di 59 mg/dL, avevano un aumento di quasi un anno.
Un migliore controllo di questi biomarcatori complessivamente, spiegano i ricercatori, può aumentare l’aspettativa di vita di 3 anni in presenza di diabete, mentre per chi parte da valori molto elevati, il vantaggio può arrivare anche a 10 anni e pazienti più giovani tendono ad avere maggiori benefici.