Un importante momento di confronto tra Istituzioni ed esperti per discutere della medicina di genere e della personalizzazione delle terapie ai tempi dell’intelligenza artificiale: è l’VIII edizione del Congresso di Fondazione Onda ETS, al via oggi sino al prossimo 26 settembre in modalità virtuale. Il Congresso è stato presentato nel corso di una conferenza stampa con un focus sull’indagine “IA in medicina: stato dell’arte e prospettive”, realizzata per l’occasione da Elma Research.
Analizzare lo scenario attuale e le prospettive future inerenti l’applicazione dell’IA in campo sanitario considerando il punto di vista dei clinici, approfondendo livello di conoscenza, livello e ambiti di utilizzo, sentiment e percezione, barriere all’utilizzo e need: questi gli obiettivi dell’indagine che ha coinvolto 433 medici. La conoscenza dell’IA da parte dei medici si sta gradualmente facendo strada, anche se oggi rimane ancora ad un livello piuttosto superficiale. Sebbene tutti i medici coinvolti nell’indagine abbiano sentito parlare di intelligenza artificiale, la associano prevalentemente a ChatGPT. C’è ancora molta strada da fare per informare e rendere i medici consapevoli delle importanti applicazioni tecniche dell’IA nel loro ambito.
«Rispetto alla consapevolezza dei medici riguardo all’importanza che l’IA può avere in ambito sanitario sembrano persistere ad oggi barriere, che è importante superare con l‘informazione. Emerge la necessità di aggiornare fin da subito gli specialisti sugli sviluppi degli strumenti AI based. Solo informandoli e formandoli circa le potenzialità che queste tecnologie hanno si potranno, infatti, abbattere le resistenze all’IA nel prossimo futuro. La conoscenza dovrà passare per una regolamentazione chiara e puntuale da parte delle Istituzioni. Solo in questo modo si riuscirà ad abbattere il senso di incertezza permettendo ai clinici di avere la giusta serenità per accogliere queste novità, in termini di trasparenza, sicurezza, privacy ed etica», dichiara Francesca Merzagora, Presidente Fondazione Onda ETS.
«Il nostro sistema sanitario nazionale (Ssn), universalistico e invidiato da tanti altri Paesi, ha bisogno di essere innovato e rinnovato non solo nei sistemi ma anche nei processi. L’innovazione ci viene in aiuto, così come l’IA che ha il potenziale per migliorare la salute dei pazienti, aumentare la produttività degli operatori sanitari e guidarci verso una medicina sempre più personalizzata. L’IA, infatti, è in grado di analizzare grandi quantità di dati sanitari, identificando modelli e tendenze che sfuggono all’occhio umano, portando al potenziamento della diagnostica avanzata, nonché a diagnosi più accurate, trattamenti personalizzati e prevenire le malattie in modo più efficace», dichiara Sen. Elena Murelli, componente della Commissione Igiene e Sanità, Senato della Repubblica.
«Numerosi elementi – tra cui i pareri di medici e scienziati – ci indicano come ormai siamo alle soglie di una vera e propria “rivoluzione” in ambito medico. Non si parla di “prospettive”, ma di “quotidianità” e tutto sta avvenendo poggiando, soprattutto, sulla combinazione delle due grandi novità che stanno profondamente influenzando non solo l’approccio medico-scientifico, ma anche la pratica clinica: il supporto dell’intelligenza artificiale alla medicina e la medicina personalizzata. A fronte di grandi e promessi benefici, tuttavia, credo occorra la massima attenzione affinché queste possibilità siano proposte in termini di accessibilità pubblica e universalistica e non si sviluppi così una “medicina d’elite”, abbandonando al loro destino le persone più in difficoltà. L’attenzione a questo passaggio è centrale, perché vale la pena ricordare che non vi è un vero e reale progresso umano e tecnologico, se questo non è messo a disposizione di tutti. Credo, dunque, che queste grandi innovazioni ci richiedano, prima di tutto, un nuovo umanesimo, una visione rinnovata che tenga le persone – con i loro bisogni, le loro aspettative, le loro bellezze – al centro, evitando il rischio di una tecnologizzazione disumanizzante», commenta On. Ilenia Malavasi, componente della Commissione Affari Sociali, Camera dei Deputati.
L’indagine condotta da Elma Reasearch evidenzia come il livello informativo del campione sull’applicazione dell’IA in ambito sanitario sia limitato: solo 1 su 10 si sente ben informato. L’IA viene collegata soprattutto al supporto alla diagnosi (48 per cento) nonostante le molte altre possibilità di utilizzo (supporto alla decisione terapeutica e alla ricerca clinica, allo sviluppo di device e alla chirurgia robotica). Questo scarso livello di conoscenza è confermato anche su sollecito: il supporto alla diagnosi è il più noto (88 per cento) seguito dai software per rielaborare testi. Un po’ più della metà riconosce come ambito di applicazione dell’IA il supporto alla comunicazione col paziente (52 per cento).
Con riferimento all’ambito lavorativo degli intervistati, dall’indagine emerge come nelle strutture ospedaliere l’IA sia implementata ancora marginalmente – soprattutto nel privato per scopi diagnostici (32 per cento) – mentre, a livello di esperienza personale, l’utilizzo è limitato agli strumenti normalmente impiegati nella vita privata come la traduzione di testi (28 per cento) e la ricerca/consultazione della letteratura scientifica (23 per cento).
Gli intervistati dimostrano buon interesse, curiosità e apertura verso l’IA anche se l’utilizzo ancora di nicchia (nonché probabilmente lo scarso livello di conoscenza), determinano un forte senso di incertezza per più della metà (52 per cento). L’indagine riporta come per i medici siano necessarie molte rassicurazioni poiché c’è ancora una scarsa fiducia nell’IA, soprattutto in merito a trasparenza (48 per cento), sicurezza (41 per cento) e utilizzo etico dei dati (40 per cento). Dal punto di vista della sua applicazione però, nonostante i dubbi, i medici credono che l’IA possa avere degli effetti positivi sul miglioramento della vita dei pazienti (69 per cento) e anche in termini di precisione degli strumenti (59 per cento). Il 68 per cento dichiara inoltre che sarebbe interessato a frequentare un corso di formazione sull’utilizzo dell’IA in ambito sanitario.
In considerazione di questo sentimento di “incertezza” i medici intervistati dichiarano che per prendere in considerazione l’applicazione dell’IA in ambito sanitario sia fondamentale disporre di uno strumento di qualità (95 per cento), che sia certificato (92 per cento) e che rassicuri in termini di privacy e sicurezza dei dati. Fondamentale anche la formazione e l’aumento delle competenze in merito da parte degli operatori sanitari, che risultano ancora molto scarse (50 per cento), nonché l’investimento di maggiori risorse (tecnologiche e di budget) nelle strutture sanitarie, che al momento risultano ancora una barriera per l’applicazione dell’IA (50 per cento).
«La ricerca è riuscita a fornire una buona fotografia dello stato dell’arte relativo al ruolo dell’intelligenza artificiale, in relazione al contesto medico-sanitario. La conoscenza degli specialisti è ancora molto teorica e poco pratica, spesso fortemente legata all’attualità e agli strumenti di uso più comune, come chatGPT. L’uso ancora circoscritto degli strumenti AI based determina dubbi e timori, in particolare rispetto alle implicazioni etiche e legali connesse all’utilizzo dell’IA e alla capacità delle strutture ospedaliere di integrare i nuovi sistemi. Per superare questi timori è di estrema importanza informare gli specialisti accompagnando una maggiore conoscenza degli strumenti con una migliore legislazione e controllo che forniscano rassicurazione sull’uso etico dell’IA», dichiara Massimo Massagrande, CEO Elma Research
«Come messo in evidenza dalla ricerca condotta da Elma non ci sono dubbi di quanta speranza e fiducia il mondo sanitario riponga nell’ausilio della intelligenza artificiale nella pratica medica . Senza entrare nel merito di aspetti legali, metodologici e di privacy è evidente la potenzialità di IA per migliorare standard terapeutici e diagnostici e per aumentare la nostra capacità di interpretare una realtà piena di variabili che guardiamo spesso senza capirne le interazioni . Tuttavia, è comprensibile un po’ di diffidenza per il rischio che la “macchina” si sostituisca al rapporto medico paziente in cui spesso si devono cercare le soluzioni più complesse che si basano sull’attitudine del paziente per una scelta condivisa e non basata solo sulla miglior opzione nella media. Quindi grande fiducia nella tecnologia ma anche nella possibilità che non si arrivi a superare il confronto per una scelta che è individuale», afferma Filippo De Braud, Ordinario di Oncologia Medica, Università di Milano, Direttore Dipartimento Oncologia e Ematoncologia, Fondazione IRCCS Istituto Nazionale Tumori, Milano.
«L’intelligenza artificiale in ambito medico offre numerose opportunità che non sono state ancora sufficientemente esplorate. È necessario condurre una solida ricerca clinica volta a garantire sicurezza ed efficacia delle soluzioni proposte, individuare una normativa sufficiente chiara per i medici che saranno chiamati ad usarle, ma soprattutto attivare programmi di formazione in grado di preparare l’attuale (e futura) classe mediche all’impiego appropriato di tali preziosi strumenti», commenta Eugenio Santoro, Responsabile dell’Unità di Ricerca in sanità digitale e terapie digitali dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri IRCCS.
«L’IA nel campo della salute mentale sta offrendo molteplici modalità di miglioramento con una accessibilità all’assistenza, alla personalizzazione, alla diagnosi, al trattamento, al monitoraggio e al supporto a pazienti. Queste opportunità (chatbot, Assistenti virtuali, telepsichiatria) stanno contribuendo al miglioramento della depressione e ansia ma non possono sostituire lo psichiatra. La psichiatria è una disciplina profondamente umana, dove interazione, empatia e giudizio clinico sono fondamentali per il successo dei trattamenti. L’AI allo stato attuale è uno strumento complementare non sostitutivo nella cura. Ogni esperienza umana è uno straordinario fenomeno unico e prezioso, che richiede un substrato neurale che non può essere replicato con una semplice simulazione delle sue funzioni. L’IA pone una sfida importante non solo per la salute ma per la condizione umana e il nostro posto nella natura», approfondisce Claudio Mencacci, Direttore Emerito Neuroscienze Salute Mentale Asst FBF-Sacco, Milano; Co-Presidente SINPF, Società Italiana di Neuropsicofarmacologia e Past Presidente SIP, Società Italiana di Psichiatria.
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