Il nuovo catasto, se mai vedrà la luce, scatterà nel 2026 e non avrà grandi novità.
Non avrà legami con l’andamento dei prezzi di mercato mentre consentirà solo di consultare dall’archivio del singolo immobile i valori dell’osservatorio del mercato immobiliare (Omi) che fotografano i prezzi divisi per zone, ma con un’ampia forchetta tra un minimo e un massimo, impossibili da utilizzare ai fini fiscali per adeguare la tassazione.
Sembra tramontata l’ipotesi di un archivio basato sui metri quadrati, più aderente alla realtà dei vani catastali e metri quadrati.
Si arriverà così, ad una rinnovata caccia alle ‘case’ fantasma, con una semplificazione delle comunicazioni e dell’uso di questi strumenti ai fini dei controlli sul territorio da parte degli enti locali.
Agli attuali valori verrà affiancata un’ulteriore rendita.
Che ‘potrà tener conto’ e solo ‘ove necessario’ di tre criteri.
Zone territoriali omogenee all’interno di uno stesso territorio comunale, rideterminazione dell’uso catastale distinguendo gli immobili in categorie ordinarie e speciali: questo porterebbe ad un superamento delle attuali categorie A1, A2, A3… che indicano le diverse tipologie di abitazioni (signorile, civile, economica), dividendo gli immobili, in due macro aree: abitativi e industriali-commerciali. Leggendo in controluce potrebbe sparire, in questi ulteriori valori catastali, la definizione di immobile di lusso. Il terzo criterio, invece, si rifarebbe a quella che tecnicamente viene definita ‘unità di consistenza’, che attualmente è il ‘vano catastale’ per le abitazioni e i metri quadrati o cubi per le altre tipologie, come i fabbricati industriali.
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