Papa Francesco «Putin non si ferma, voglio incontrarlo a Mosca»
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Oggi papa Francesco dovrà fare un piccolo intervento al ginocchio. Una infiltrazione, per superare un dolore che non gli permette di potersi muovere e poter camminare, liberamente.

Di partecipare, nel modo che vorrebbe, alle udienze generali vaticane e agli incontri con i fedeli in Piazza San Pietro.

«Ho un legamento lacerato, farò un intervento con infiltrazioni e si vedrà — racconta —. Da tempo sto così, non riesco a camminare. Una volta i papi andavano con la sedia gestatoria. Ci vuole anche un po’ di dolore, di umiliazione…».

Ma non è questa la preoccupazione principale del Santo Padre oggi. Piuttosto, poter parlare il prima possibile, a quattrocchi, possibilmente, con il capo del Cremlino, Vladimin Putin.

Per quanto sta accadendo, di davvero molto grave, nel cuore dell’Europa.

«Fermatevi», fermate la guerra, era l’appello lanciato dal Santo Padre, ad inizio del conflitto il 24 febbraio scorso, quando le armate russe hanno invaso l’Ucraina, e lo continua a ripetere ancora oggi, a più voce.

Solo che il oggi, il santo padre, papa Francesco, non sta vedendo ancora gli eventuali sviluppi in positivo. Nonostante anche la mediazione che sta facendo fare, da una persona a lui vicinissima, e di massima fiducia, come ad esempio, lo è, il segretario di Stato della Santa Sede Pietro Parolin.

Papa Francesco, dopo aver chiesto un cessate il fuoco anche a Pasqua, e in occasione dalla Santa Pasqua ortodossa, dopo aver pregato e consacrato le due nazioni, in guerra tra di loro, al cuore immacolato della Santa Vergine Maria, ha parlato anche con il patriarca Kirill, dicendogli testuali parole, come raccontato dal pontefice alla stampa, in un’intervista concessa oggi, al direttore del Corriere della Sera, Luciano Fontana, e la vicedirettrice Fiorenza Sanzanini: «Ho parlato con Kirill 40 minuti via zoom. I primi venti con una carta in mano mi ha letto tutte le giustificazioni alla guerra. Ho ascoltato e gli ho detto: di questo non capisco nulla. Fratello, noi non siamo chierici di Stato, non possiamo utilizzare il linguaggio della politica, ma quello di Gesù. Siamo pastori dello stesso santo popolo di Dio. Per questo dobbiamo cercare vie di pace, far cessare il fuoco delle armi. Il Patriarca non può trasformarsi nel chierichetto di Putin. Io avevo un incontro fissato con lui a Gerusalemme il 14 giugno. Sarebbe stato il nostro secondo faccia a faccia, niente a che vedere con la guerra. Ma adesso anche lui è d’accordo: fermiamoci, potrebbe essere un segnale ambiguo».

Il papa ha allora spiegato che è sua intenzione, poter incontrare il presidente del Cremlino, il prima possibile. Di voler andare a Mosca. Per Kiev ci sarà tempo.

«Il primo giorno di guerra ho chiamato il presidente ucraino Zelensky al telefono — dice papa Francesco — Putin invece non l’ho chiamato. L’avevo sentito a dicembre per il mio compleanno ma questa volta no, non ho chiamato. Ho voluto fare un gesto chiaro che tutto il mondo vedesse e per questo sono andato dall’ambasciatore russo. Ho chiesto che mi spiegassero, gli ho detto “per favore fermatevi”. Poi ho chiesto al cardinale Parolin, dopo venti giorni di guerra, di fare arrivare a Putin il messaggio che io ero disposto ad andare a Mosca. Certo, era necessario che il leader del Cremlino concedesse qualche finestrina. Non abbiamo ancora avuto risposta e stiamo ancora insistendo, anche se temo che Putin non possa e voglia fare questo incontro in questo momento. Ma tanta brutalità come si fa a non fermarla? Venticinque anni fa con il Ruanda abbiamo vissuto la stessa cosa».

Nato e Cremlino
La preoccupazione del pontefice è che Putin, non si fermerà, anche se lui ci spera molto, già dal prossimo 9 maggio.
E spiega. “Per la pace non c’è abbastanza volontà — è l’amara constatazione di Francesco — la guerra è terribile e dobbiamo gridarlo. Per questo ho voluto pubblicare con Solferino un libro che ha come sottotitolo Il coraggio di costruire la pace.

Orbán, quando l’ho incontrato mi ha detto che i russi hanno un piano, che il 9 maggio finirà tutto. Spero che sia così, così si capirebbe anche la celerità dell’escalation di questi giorni. Perché adesso non è solo il Donbass, è la Crimea, è Odessa, è togliere all’Ucraina il porto del Mar Nero, è tutto. Io sono pessimista, ma dobbiamo fare ogni gesto possibile perché la guerra si fermi».

Tenta a dare una qualche spiegazione all’origine di tutto il conflitto a fuoco in Ucraina. «L’abbaiare della Nato alla porta della Russia» ha indotto il capo del Cremlino a reagire male e a scatenare il conflitto. «Un’ira che non so dire se sia stata provocata — si interroga il Santo Padre, papa Francesco, nell’intervista odierna alla stampa —, ma facilitata forse sì. In quella terra si stanno provando le armi. I russi adesso sanno che i carri armati servono a poco e stanno pensando ad altre cose. Le guerre si fanno per questo: per provare le armi che abbiamo prodotto. Così avvenne nella guerra civile spagnola prima del secondo conflitto mondiale. Il commercio degli armamenti è uno scandalo, pochi lo contrastano. Due o tre anni fa a Genova è arrivata una nave carica di armi che dovevano essere trasferite su un grande cargo per trasportarle nello Yemen. I lavoratori del porto non hanno voluto farlo. Hanno detto: pensiamo ai bambini dello Yemen. È una cosa piccola, ma un bel gesto. Ce ne dovrebbero essere tanti così».

«L’Italia sta facendo un buon lavoro — afferma il Pontefice — . Il rapporto con Mario Draghi è buono, è molto buono. Già in passato, quando era alla Banca centrale europea, gli ho chiesto consiglio. È una persona diretta e semplice. Ho ammirato Giorgio Napolitano, che è un grande, e ora ammiro moltissimo Sergio Mattarella. Rispetto tanto Emma Bonino: non condivido le sue idee ma conosce l’Africa meglio di tutti. Di fronte a questa donna dico, chapeau».

Della politica, e dei politici italiani, non vuole parlare più di tanto. Raccomanda a tutti serietà e capacità di gestire i successi del momento che spesso diventano effimeri.

ph crediti agi.it