Patrick Zaki rilasciato. Tajani: “Ruolo dell’Italia decisivo per la grazia. Nessun baratto col caso Regeni”
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Dopo 22 mesi di detenzione, il ricercatore universitario Patrik Zaki, nell’edificio della Direzione di polizia di Nuova Mansura dopo la grazia presidenziale ricevuta ieri, mercoledì 19 luglio 2023, ha potuto stringere la mano a un uomo della sicurezza, abbracciare finalmente la sua famiglia: la madre Hala, la fidanzata Reny Iskander, la sorella Marise e il papà George. “Ora sono libero, penso a tornare in Italia il prima possibile, speriamo che avvenga presto”, ha dichiarato il 32enne, subito dopo il rilascio.

Il presidente del Consiglio dei ministri Giorgia Meloni aveva annunciato che Zaki sarebbe arrivato in Italia. Era il 7 febbraio del 2020 quando Zaki fu arrestato all’aeroporto del Cairo: era arrivato per trascorrere un periodo di vacanza dall’Italia, dove frequentava un master in Studi di genere presso l’Università di Bologna.

Poi a dicembre del 2021, dopo quasi due anni di detenzione preventiva, era stato scarcerato, pur continuando a restare sotto processo. La sua laurea al master di Bologna il 5 luglio scorso, con 110 e lode, è avvenuta a distanza, in videocollegamento. Martedì era giunta la condanna: la Corte d’emergenza di Mansoura l’aveva condannato a tre anni di reclusione, considerando i 22 mesi già fatti in custodia cautelare, e pertanto ne avrebbe dovuto scontare altri 14 di mesi. L’accusa: “diffusione di notizie false sulle condizioni interne del Paese”, per un articolo sui diritti dei cristiani copti pubblicato nel 2019. Trattandosi di un tribunale di emergenza, la sentenza in base alla legge egiziana era inappellabile, ma il gruppo Egyptian Initiative for Personal Rights (Eipr), con cui Zaki aveva collaborato e che lo ha rappresentato al processo, aveva spiegato che “una sentenza non diventa definitiva fino a quando non viene ratificata dal presidente della Repubblica, che ha il potere di approvarla, annullarla o modificarla, oltre a quello di emettere la grazia presidenziale”.

La grazia che ora è giunta, ieri, da parte di Abdel Fattah Al Sisi. Quasi sicuramente per i buoni rapporti che ci sono ora anche tra le due nazioni. Italia ed Egitto.

“L’Italia, la nostra diplomazia hanno avuto un ruolo determinante, insieme alla nostra intelligence – ha detto in un intervento radiofonico il ministro degli esteri e vice premier Antonio Tajani -, come ha detto anche il presidente del Consiglio ci siamo mossi fin dall’inizio per cercare di ottenere la grazia per Zaki. Ho ribadito più volte al presidente Al Sisi la necessità di liberare questo giovane ricercatore. Ricordo sempre di essere stato ottimista”. “È stato un lavoro corale – ha proseguito il vicepresidente del Consiglio – e alla fine il presidente egiziano ha deciso di concedere la grazia. È una bella notizia per tutti”.

“Nessun baratto, nessuna trattativa sottobanco. Il governo è stato in grado di far tornare in Italia un giovane ricercatore che rischiava di stare ancora un po’ di tempo in carcere. Noi siamo riusciti a ottenere questo risultato. Poi si può dire ciò che si vuole. Siamo persone serie, non facciamo baratti di questo tipo”, precisa Tajani su un presunto baratto tra la liberazione di Patrick Zaki e il caso Regeni. Per quanto riguarda il dottorando ucciso, ha aggiunto, “continueremo a chiedere che si faccia luce sulla vicenda come abbiamo sempre fatto, abbiamo messo sullo stesso piano le due questioni”.

foto crediti donnaglamour.it