Ci sarebbe un testimone-chiave che il 25 ottobre scorso ha visto Aurora, la 13enne morta a Piacenza, e il fidanzato, 15enne fermato per omicidio, poco prima che lei cadesse dal palazzo. Il testimone avrebbe detto di aver visto il ragazzo indagato buttare giù la 13enne dal balcone. Sarebbe questo che ha indotto poi la Procura per i minorenni che coordina le indagini preliminari dei carabinieri di Piacenza a emettere il fermo nei confronti del 15enne, che ha risposto al gip.
Intanto, gli inquirenti hanno ricostruito quanto è avvenuto, sottolineando il disperato tentativo di Aurora di salvarsi la vita: “Ha cercato di aggrapparsi alla ringhiera, ma lui la colpiva”.
Dopo essere stata spinta oltre la ringhiera del balcone al settimo piano del palazzo dove viveva, Aurora ha tentato disperatamente di aggrapparsi alla ringhiera stessa, ma il fidanzato l’avrebbe colpita ripetutamente con le mani, con l’obiettivo di farla cadere di giù.
La giovane ha fatto un volo di circa 8 metri e anche la traettoria, dove la giovane è stata trovata non sembrerebbe corrispondere a quella di una persona suicida.
Il fidanzato risponde anche del porto di un cacciavite di circa 15 centimetri.
La madre di Aurora a Il Corriere della Sera ha dichiarato: “Io voglio giustizia. A lui chiedo di dire tutta la verità e di scontare fino in fondo la sua pena”. “Era sempre sorridente, aveva tanti sogni nel cassetto – racconta ancora la povera donna disperata. – Diceva che un giorno avrebbe fatto la psicologa per stare vicina alle persone in difficoltà. Più a breve aspettava con impazienza il viaggio che dovevamo fare a Parigi per festeggiare i suoi 14 anni”. Infine, ha aggiunto anche: “Da subito mi sono detta: è stato lui, questa volta ci è riuscito. Quel rapporto era diventato ormai un inferno. Lei era soggiogata e terrorizzata. Lui, invece, da un lato la umiliava, ma dall’altro ne era ossessionato. Lei aveva cercato di lasciarlo già due volte. Penso che quella mattina gli abbia detto che non voleva più saperne. Lui non lo accettava e l’ha buttata giù. Continuava a tempestarla di messaggi, a volte le mandava persino delle rose, oppure stava a dormire nell’androne del palazzo. Era diventato il tipico stalker, ma per i Servizi sociali erano cose tra ragazzini”.
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