Poliziotto accoltellato a Milano a Diritto e Rovescio: “Dovevo fermarlo, l’ho fatto per la città”
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Da Paolo del Debbio a “Dritto e Rovescio” Christian Di Martino, il poliziotto colpito con tre coltellate dal 37enne immigrato Hasan Hamis nella stazione di Lambrate (Milano), ripercorre i fatti accaduti quella tragica notte. “Di quella sera dell’8 maggio ricordo tutto. Ero stato inviato dalla mia centrale operativa lì per un soggetto agitato che lanciava pietre contro passanti e treni. Io ero munito di taser e una volta lì alcuni di noi sono stati colpiti con i sassi mentre io sono riuscito ad avvicinami, il taser però non ha sortito gli effetti desiderati” ha raccontato l’agente accolto in studio da un grandissimo applauso.

“È nata una colluttazione e ho preso tre fendenti dietro la schiena. Nonostante i colpi sono riuscito a inseguirlo e a farlo cadere finché poi non sono arrivati i miei colleghi a bloccarlo definitivamente. Non so come ho fatto a correre nonostante le coltellate, credo sia stata l’adrenalina che avevo in corpo, dentro di me pensavo: Anche se devo morire, lo devo fermare!” Ha proseguito Christian Di Martino.

“Quando mi sono svegliato dal coma la prima cosa che ho detto è stata: l’ho fatto per Milano. È la città che io proteggo, è il mio compito. Fare il poliziotto è la mia passione, l’ho ereditato da mio padre. Ci tengo a ringraziare i medici dell’ospedale Niguarda che mi hanno salvato la vita” ha concluso l’agente che ha subito 70 trasfusioni e 5 arresti cardiaci.

Ricoverato d’urgenza all’ospedale Niguarda di Milano, dove è stato sottoposto ad un delicato intervento chirurgico durato più di quattro ore per le ferite riportate a diversi organi lesionati, per far fronte a cinque arresti cardiaci, oltre ad emorragie che hanno richiesto oltre settanta sacche di sangue di trasfusione. I giovane poliziotto ha spiegato: “La salute va meglio, sto migliorando e anche se ci vorrà ancora un po’ di tempo per la guarigione completa, penso che recupererò al meglio”.

All’arrivo in ospedale, ricorda, “mi sono detto: non posso morire, ce la devo fare“. E “se sono vivo lo devo ai miei colleghi che mi hanno tenuto sveglio, all’ambulanza che è arrivata subito sul posto e ai sanitari che mi hanno prestato le prime cure, sono stati fantastici. E ai medici, che hanno fatto un lavoro eccezionale e che voglio ringraziare perché mi hanno salvato la vita”.

Di questa esperienza, conclude di Martino, “ciò che mi è rimasto più nel cuore è l’affetto che ho ricevuto dalle persone; dai colleghi, che mi sono stati sempre vicino e anche da importanti autorità dello Stato che sono venute a trovarmi. Ringrazio anche il ministro dell’Interno e il capo della polizia, con la questura di Milano, che mi sono stati sempre vicini e mi hanno sempre supportato”.

In studio anche la fidanzata del vicebrigadiere che ha ribadito quanto sia orgogliosa di lui.

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