“La guerra ha radicalmente accentuato l’incertezza.
L’attività produttiva si è indebolita nel primo trimestre, dovrebbe rafforzarsi moderatamente in quello in corso.
In aprile valutavamo che il prolungamento del conflitto in Ucraina avrebbe potuto comportare circa 2 punti percentuali in meno di crescita, quest’anno e il prossimo”. Queste le parole di Ignazio Visco nelle Considerazioni finali. “Le stime più recenti delle maggiori organizzazioni internazionali sono simili. Non si possono però escludere sviluppi più avversi. Se la guerra dovesse sfociare in interruzione delle forniture di gas russo, il pil potrebbe ridursi nella media del biennio”.
“La cooperazione internazionale non deve cedere il passo. La necessaria riflessione sul governo della globalizzazione non deve venire offuscata dalla sfiducia e dalle tensioni che derivano dal conflitto in atto; va invece coltivata con il massimo impegno, mantenendo aperto il dialogo, la speranza che la guerra, per la quale esprimiamo netta e totale condanna, cessi al più presto”. Il governatore della Banca d’Italia cita anche Luigi Einaudi e aggiunge di più che le “frontiere aperte sono artefici di prosperità, perché: “Libertà di scambi economici internazionali vuol dire pace”.
Per Visco inoltre una conseguenza della divisione si avrebbe anche sulle sfide globali, dal clima alla lotta alla povertà e ai contrasto alle pandemie.
Visco ammonisce ad evitare “una vana rincorsa fra prezzi e salari” di fronte all’aumento dell’inflazione. Per Visco invece di una generale crescita delle retribuzioni agganciandole ai prezzi di alcuni beni, sarebbe meglio intervenire con “interventi di bilancio di natura temporanea e calibrati con attenzione alle finanze pubbliche” per contenere i rincari delle bollette energetiche e sostenere il reddito delle famiglie. Al momento, nota Visco, segnali di “trasmissione delle pressioni dai prezzi alle retribuzioni” non si sono finora registrati.
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